Un convegno come una goccia nel mare che testimonia l'impegno e gli sforzi per cambiare la didattica della storia.
Proseguo nell'esposizione delle motivazioni che ci hanno ispirato (ma è una storia lunga e avrà altre puntate
Troppo spesso la storia che viene insegnata si limita a quella politica e cronologica, che non sembra riguardare uomini concreti, che furono fatti di carne e sangue come noi, ma figurine polverose e stereotipate, ritagliate dal tessuto della loro vita reale e dal tempo in cui hanno vissuto e appuntate come insetti in bacheca, per sempre riconducibili solamente a uno o più eventi importanti della loro vita.
Molti pedagogisti, da Piaget a Vygotskij a Fraisse (per richiamare solo quelli più citati), si sono esercitati soprattutto a individuare l’età infantile nella quale sia meglio introdurre tra le materie scolastiche la storia . Il sospetto è che anche per loro la storia sia ancora quella fatta principalmente di guerre, rivoluzione, battaglie e trattati.
Decisamente la storia è qualcosa di più e di altro.
La storia è intorno a noi (La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso, direbbe De Gregori) ed è al centro delle nostre conoscenze e riguarda tutti gli uomini delle generazioni passate, non solo i grandi personaggi. Scienza del contesto per eccellenza, si intreccia e non può prescindere dalla sociologia, dall’antropologia, dalla geografia, dalla letteratura, dal folclore, dalle scienze dell’alimentazione, dalla storia dell’arte o della musica o dello spettacolo, e via citando.
Anche le più recenti indicazioni ministeriali sembrano andare in questa direzione e prescrivono che la storia, in contiguità con la geografia, non abbia più un esclusivo interesse per i soli fatti politici, ma debba occuparsi “dello studio delle società umane, nello spazio e nel tempo”, prevedendo tra le sue finalità l’ “esercizio consapevole di una cittadinanza nazionale, europea e planetaria”.
(continua)
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